Il Cervino e la sua conquista


In magnifico isolamento sul panorama alpino che lo circonda, il Cervino è celebre per la sua cima: un picco a forma di piramide leggermente inclinata. Si erge alla forintiera italo-svizzera, in inglese ed in tedesco è conosciuto come Matterhorn ed in francese come Mont Cervin.

La montagna, alta 4477 m, è lo spettacolare avanzo di un lastrone di roccia sollevato dai sommovimenti terrestri 50 milioni di anni fa, quando i continenti africano ed europeo entrarono in collisione. Il Cervino deve la forma della sua cima ai ghiacciai dell’epoca glaciale, che scavarono delle cavità circolari attorno ad essa. Fra il Cervino e il Monte Rosa (4634 m) si trova il valico del Teodulo (3317 ,) dal quale Servio Galba, console di Giulio Cesare, vide il Cervino nel 55 a. C. Ciò potrebbe spiegare il nome di Servin datogli dai francesi ed alla fine cambiato in Cervin.

Fu da questo volico che nel 1789 il fisico e geologo svizzero Horace Bènèdict de Saussure, che aveva già scalato il Monte Bianco, pensò di tentare la stessa impresa con il Cervino. Ma egli considerò che i suoi fianchi scoscesi, che non offrono appiglio nemmeno alla neve, sono tali da non permettere in nessun modo di accedervi.

Edward Whymper, un inglese intagliatore di legno, dimostrò che de Saussure si sbagliava, Dopo sette tentativi infruttosi di scalare il Cervino dal versante italiano, nel 1865, all’etò di 25 anni, decise di provare dal versante svizzero. Chiede alla guida valdostana Jean-Antoine Carrel di accompagnarlo, ma questi era già stato ingaggiato dal Club Alpino Italiano, che pure si preparava a dare l’assalto al Cervino.

Whymper non perse tempo e con il 18enne Lord Francis Douglas si assicurò l’aiuto di Peter Taugwalder, famosa guida di Zermatt, il quale riteneva che, visto che dal versante svizzero, il Cervino apparisse più ripido di quanto fosse in realtà. Altri partecipanti alla spedizione erano il figlio di Taugwalder, Peter di 22 anni, la guida di Chamonix Michel Croz, di 35 anni, il reverendo Charles Hudson di 37 anni, ed il 19enne Robert Hadow.

La spedizione partì da Zermatt alle 5.30 del mattino del 13 luglio. La salita risultò agevole ed a 3350 m si accamparono. Il giorno successivo raggiunsero la vetta alle 13.40, dopo una scalata relativamente semplice.

Carrel, con altri compagni, portò a termine l’impresa dal versante italiano tre giorni dopo. Whymper ed i suoi rimasero sulla vetta per un’ora. In Scrambles amongst the Alps (Scalate tra le Alpi) del 1871, Wymper descrisse il panorama: l’aria era perfettamente immobile e libera da nubi e vapori. Montagne che si trovavano ad una distanza di 80 fino a 160 km apparivano nitide e vicine. Tutti i particolari come crinali, rupi, neve e ghiacciai risaltavano con impeccabile chiarezza.

La discesa fu lenta e piena di insidie e quando la spedizione si accinse a superare un tratto particolarmente difficle avvenne la tragedia. Hadow scivolò e cadde contro Croz ed entrambi cominciarono a precipitare, trascinando nella caduta Hudson e Douglas. La corda si ruppe e i quattro scomparvero nel precipizio, andando a schiantarsi sul ghiacciaio del Cervino 1200 m più in basso. Tre corpi furono recuparti il giorno seguente, ma Lord Francus Douglas non fu mai trovato.

Oggi gli scalatori hanno a loro dispozione rifugi, corde, cavu e appigli già predisposti, e circa 2000 persone ogni anno compion l’ascenzione del Cervino. Ma questa montanda incute sempre timore e gli incidenti avvengono ancora: fino a 15 scalatori perdono la vita ogni anno.

Il caratteristico “corno” del Cervino è il punto di incontro di frastagliati crinali, conosciuti come creste di circo glaciale. Questi crinali non subirono mutamenti quando quattro conche circolari, dette circhi glaciali, furono scavate nelle roccia. Tre faccie della piramide sono ciascuna la tipica, liscia parete posteriore di un circo. La ripida e accidentata faccia da ovest conserva poche tracce della sua discendenza da un circo glaciale.

Un circo si forma quando successive nevicate si accumulano in una cavità riparata su un lato dei una montagna. Anno dopo anno, la neve che non si scioglie viene schiacchiata dagli strati di neve che si aggiungono sopre e compressa fino a diventare ghiaccio. Ogni anno la roccia circostante viene erosa dalla combinazione di tre elementi: il gelo che la frantuma, il ghiaccio che la stringe e l’acqua di fusione che la dilava. Così la cabità si allarga diventando un bacio. A poco a poco, il peso che gli sgrava sopra spinge il giaccio fino a farlo traboccare, dove l’orlo del bacino è più basso, e scorrere via creando un nuovo ghiacciaio.

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